Ti abbiamo già raccontato in diversi articoli che cosa si intende per Brand Positioning e perché oggi è una strategia fondamentale. Ti ho anche spiegato le 5 strategie di marketing sbagliate che il Brand Positioning risolve.

Oggi voglio andare più sul pratico, parlandoti dei 3 step principali che utilizziamo quando dobbiamo creare una strategia di Brand Positioning per PMI, liberi professionisti o startup.

Facciamo una premessa: il Brand Positioning è nato per le grandi aziende, con grandi competenze e grandi risorse (umane e finanziarie in primo luogo). Applicare questo concetto alla lettera non funziona per le piccole imprese, perché sebbene alcuni concetti filino perfettamente, ce ne sono altri che sono difficili da applicare in un contesto in cui l’imprenditore di una piccola realtà è coinvolto in prima persona non solo nelle attività operative ma anche in quelle strategiche. È qui che interviene l’esperienza e la sensibilità di chi si dovrà occupare del Brand Positioning, applicandolo ai diversi settori e ai diversi casi.

Molto spesso sentirai dire dai grandi “guru” del marketing che non è vero che il tuo settore è differente, che ciò che funziona per un settore funziona benissimo anche per un altro. Io sono profondamente convinta del contrario. Non solo ciò che funziona in un settore può non funzionare per il tuo, ma ci sono diversi altri fattori che influenzano ogni strategia.
Ti faccio un esempio: essere un piccolo imprenditore con un’attività in centro a Milano richiede una strategia molto diversa rispetto a quella che potrà attuare un piccolo imprenditore con un’attività in centro a Zocca. E non solo: ciò che funziona al Nord può non funzionare per un’impresa del Sud e viceversa. Ci sono differenze culturali e sociali che non possono essere sottovalutate. Per quanto si sia passati a ragionare su un’ottica globale, quando si tratta di piccole attività il Local Marketing resta ancora un punto focale.

Premesso ciò, ecco i 3 step che utilizziamo nel nostro Sistema.

1) Definire il contesto

Come abbiamo appena visto, il contesto in cui si opera è fondamentale.
Oltre alla cultura, la zona e il settore del proprio mercato di riferimento, ci sono altre due variabili molto importanti che fanno parte del contesto: la concorrenza e il target di riferimento.
Per questo partiamo sempre da un’analisi dei competitors (chi sono, cosa fanno e cosa comunicano) e dalla creazione di un identikit dettagliato del tuo “cliente tipo” (caratteristiche socio-demografiche, necessità profonde, bisogni principali, cosa pensa del tuo mercato).

Se operi in un mercato strutturato, c’è una metodo che si chiama “Brandshot” che può aiutarti ad analizzare i competitors in relazione a ciò che pensa il target.
Questo metodo funziona così:

  • identifica le caratteristiche del tuo settore, della tua categoria, e mettile in ordine di importanza;
  • identifica i tuoi competitors e mettili in ordine di notorietà;
  • per ogni caratteristica associa (se possibile) i competitors che stanno puntando prevalentemente su quella caratteristica;
  • a questo punto verifica se ci sono delle caratteristiche che sono rimaste scoperte e valuta se puoi posizionarti su una di queste.

Purtroppo non sempre questo metodo è applicabile, specialmente in mercati dove non ci sono competitors particolarmente forti e ben posizionati su determinate caratteristiche.
In questi casi di solito valutiamo noi, insieme all’imprenditore, quali sono i competitors principali del settore e andiamo a cercare le caratteristiche o promesse di valore su cui puntano quasi tutti (per esperienza, posso dirti con certezza che la “qualità” e la “professionalità” sono tra le caratteristiche maggiormente comunicate da chiunque) e quali possono essere quelle che, invece, potrebbero essere realmente differenzianti, escludendo quelle su cui la concorrenza è già piuttosto conosciuta.

2) Definire l’elemento differenziante

Ora che sappiamo quali sono le possibili caratteristiche su cui posizionarci, dobbiamo definire quella che sarà l’idea differenziante.

Per semplicità, possiamo dividere i possibili elementi differenzianti in 3 macro categorie.
Te le spiego qui di seguito.

Il Numero Uno
È adatto se: operi in un mercato non strutturato, dove quasi sicuramente non si sa chi è il “numero uno”, ovvero il leader di settore, e hai qualche caratteristica che possa permetterti di autodefinirti il “numero uno” (numero di clienti, numero di anni sul mercato, numero di prodotti/servizi, il primo a lanciare un determinato prodotto/servizio/funzionalità in quel mercato, e così via). Questa macro categoria funziona benissimo specialmente se i tuoi competitors non stanno investendo un granché in marketing: se sei tu il primo a posizionarti come “numero uno” e a comunicarlo a dovere, sappi che poi i tuoi competitors potranno fare ben poco per scalzarti da quella posizione.
Non è adatto se: esiste già un leader, non riesci a trovare nessuna caratteristica per cui sei DAVVERO il numero uno e non hai abbastanza “faccia tosta” per spingere il più possibile su questo concetto.

Lo Specialista
È adatto se: sei più bravo/a rispetto ai tuoi competitors a fare una cosa specifica, vendi un unico prodotto/servizio mentre i tuoi competitors vendono più cose, ti rivolgi a una nicchia specifica mentre i concorrenti vendono a un target più ampio… Insomma, hai la possibilità di “restringere” il tuo prodotto/servizio/target in modo da far percepire ai possibili clienti una maggiore competenza.
Non è adatto se: operi in un mercato troppo piccolo, hai in mente di fare estensione di linea, non riesci a restare focalizzato su quell’unica cosa e rischi di farti distrarre facilmente da possibili nuovi mercati.

L’Ingrediente Magico
Questa macro categoria è quella più adattabile, tanto che spesso viene aggiunto “l’ingrediente magico” come rafforzativo del “numero uno” o dello “specialista”. Più la categoria del tuo prodotto/servizio è complessa, più questa idea differenziante può funzionare.
Con “ingrediente” non si intende solo un vero ingrediente, ma anche un metodo particolare (il nostro Sistema SoluzioneGPS™ è il nostro “ingrediente magico”), un processo, un componente, una caratteristica particolare… Non preoccuparti se non sei l’unico ad avere quel particolare “ingrediente magico”: se sei il primo a comunicarlo come elemento differenziante, sarai tu a posizionarti nella mente dei potenziali clienti!
Ti faccio alcuni esempi famosi: la suola che “respira” di Geox, il tonno “pinne gialle” per Rio Mare, il sapone di Marsiglia per i prodotti Chanteclair, il “Mulino Bianco” come simbolo di produzione naturale (e non industriale) della Mulino Bianco, e così via.

3) Test!

Come diciamo spesso, il marketing è tutta una questione di test e il Brand Positioning non è un’eccezione.
Una volta individuato l’elemento differenziante, facciamo sempre 2 semplici test.

Il test dei limiti
Esiste qualcosa che il tuo Brand non fa?
Questo è il test più difficile per i piccoli imprenditori, perché spesso percepiscono il rinunciare a una fetta di mercato come qualcosa di negativo. In realtà così non è (ti ho già raccontato dei limiti della mente qui), anzi: i limiti, le “debolezze” del tuo Brand, renderanno il messaggio dell’elemento differenziante più credibile.

Il test del contrario
Esiste sul mercato qualcuno che ha un elemento differenziante opposto rispetto al tuo?
Se non c’è, è un problema. Per questo la “qualità” di un prodotto/servizio non è un buon elemento differenziante, perché non troverai mai nessun competitor che affermerà che i suoi prodotti/servizi sono scarsi e di pessima qualità! Questo test serve proprio per eliminare quelle possibili caratteristiche che vengono dette da tutti.
Sei il “numero uno” perché la tua attività esiste da un secolo? Nessuno dei tuoi competitors potrà affermare la stessa cosa, se così non è; al contrario, potrebbe esserci qualche concorrente che ostenterà il fatto di essere una realtà “giovane e dinamica” (e per questo migliore di te).
Sei un parrucchiere e sei lo “specialista” dei capelli chiari? Anche in questo caso, potrebbe esserci qualcuno specializzato in capelli scuri (sto banalizzando).
Oppure, in un mondo di tavolette di cioccolata rettangolari, tu le fai quadrate o triangolari perché questo è il tuo “ingrediente magico” (hai subito pensato a Ritter e Toblerone, vero?).

Infine, il test più importante: la mente dei tuoi potenziali clienti.
Per questo test serve tempo. Il Brand Positioning non è una scienza esatta, sarà solo il tempo e il tuo target di riferimento che ti diranno se ti sei posizionato oppure no nella loro mente.

Sì, ci vuole pazienza. Anche per questo il Brand Positioning non è per tutti. Ma, alla fine, è chi si posiziona che vince.
Se fosse facile e immediato lo farebbero tutti, no?

“C’è uno step che deve precedere le 4 P del marketing. Questo step è un’altra P per Positioning”.
Philip Kotler

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