Hai mai sentito parlare di “Messy Middle”? È un modello, elaborato e proposto da Google, che definisce il percorso decisionale che compiono gli utenti prima di acquistare qualcosa e si inserisce all’interno di quella che viene definita “Customer Journey” [per approfondimenti su come varia la Customer Journey in base al settore clicca qua].

È un concetto simile a quello di “Funnel”, ma con un’importante e mastodontica differenza: il funnel è un processo lineare, il Messy Middle invece è dominato dal caos!

Messy Middle e Customer Journey

Alistair Rennie e Jonny Protheroe del team di Google dedicato agli insight sui consumatori hanno scritto un articolo per sintetizzare i risultati della loro ricerca sul processo decisionale degli utenti.
L’obiettivo del loro lavoro era quello di capire come la customer journey venga influenzata dall’elaborazione di tutte le informazioni e le opzioni che le persone incontrano durante il loro viaggio: “sappiamo che quanto avviene tra il primo trigger, ovvero il primo stimolo che innesca il funnel, e l’effettiva decisione di acquisto non è lineare e che si tratta di una complicata rete di touchpoint che cambia da una persona all’altra”.

Le decisioni degli utenti, insomma, sono letteralmente governate dal caos. I ricercatori di Google per descrivere questa fase parlano di confusione e sopraffazione degli utenti che raccolgono informazioni su prodotti, Brand e rivenditori da diverse fonti, per poi valutare tutte le opzioni a disposizione.

Da un lato, dunque, c’è un’attività di elaborazione e ricerca, dall’altro la valutazione. Qualsiasi attività online di un consumatore, che sia sui Social, su Google o su diversi siti web, può essere classificata in una di queste due fasi. Come già detto, però, il processo non è lineare, le due fasi non sono consequenziali, il ciclo è continuo e si ripete, sia per effetto dell’attività di valutazione che per effetto di nuovi stimoli (i cosiddetti trigger).

Il ruolo del marketing nel Messy Middle

Il Messy Middle, dunque, varia da utente a utente e non esiste una regola fissa: a volte il percorso dal trigger all’acquisto è breve e viene compiuto saltando quasi del tutto la fase di ricerca, altre volte i clienti possono trascorrere giorni, settimane o addirittura mesi in una sorta di loop infinito.

Come sappiamo, esistono due tipologie di strategie di marketing: a breve termine e a lungo termine.
Le strategie di marketing che cercano di forzare il percorso del cliente portandolo a compiere un faticoso salto dal momento dell’esposizione a quello dell’acquisto (strategie a breve termine) non aiutano l’utente a raccogliere informazioni e a muoversi nel complesso processo decisionale.
Al contrario, le strategie a lungo termine (Brand Positioning, Content Marketing e tutto ciò che fornisce contenuti, chiarimenti, informazioni, dati e supporto al potenziale cliente) creano la fiducia necessaria affinché il consumatore possa uscire dal loop ed entrare spontaneamente nell’esperienza d’acquisto.

L’esposizione di un potenziale cliente alle attività di marketing di un Brand è solo una componente del processo ed è sbagliato pensare che sia l’unico elemento in grado di portare un cliente ad entrare nel percorso d’acquisto. Essere al primo posto nella mente e nel cuore dei potenziali clienti è fondamentale e lo sarà sempre di più: un Brand ben posizionato, riconoscibile, presente e attento a creare notorietà beneficerà di queste strategie nel lungo periodo, mentre un Brand che punta tutto sulla vendita potrebbe avere un buon ritorno nell’immediato, ma alla lunga sfuggirà dalla mente dei clienti e non riuscirà a sovrastare il “rumore” che i potenziali clienti sperimentano quando si introducono in un ciclo d’acquisto.

Ti ho già spiegato nel dettaglio l’importanza del Brand Positioning oggi. Se ti sei pers* l’articolo, lo trovi qui.

Influenzare l’utente con i Bias Cognitivi

Anche per i Brand ben posizionati e con un Content Marketing eccellente potrebbe comunque essere necessaria una piccola spinta per convincere l’utente all’acquisto.

Il team di Google ha individuato, in particolare, 6 bias cognitivi che più di altri possono influenzare le decisioni di acquisto dei consumatori.

I bias cognitivi sono degli stimoli emotivi, delle distorsioni nel processo di valutazione di fatti e avvenimenti che ci spingono a ricreare una visione soggettiva; in poche parole, rappresentano il modo in cui il nostro cervello distorce la realtà.

I 6 bias cognitivi che modellano il comportamento d’acquisto secondo Google

  1. Categorie euristiche: sono scorciatoie che ci aiutano a prendere una decisione rapida all’interno di una determinata categoria, senza esplorare tutte le caratteristiche di ciascuna opzione in modo approfondito; dare informazioni brevi, chiare e precise, cogliendo i bisogni degli utenti, semplifica in questo modo le decisioni d’acquisto.
  2. Immediatezza: si tratta di mettere a disposizione dei clienti più prodotti possibile, con spedizioni rapide, per non indebolire il desiderio di compiere l’acquisto; più velocemente un utente può usufruire del prodotto, maggiore sarà la sua propensione ad acquistarlo, preferendolo ad altri.
  3. Riprova Sociale: è un fenomeno psicologico in cui le persone tengono in grande considerazione le azioni e i pareri altrui, nel tentativo di avvalorare o giustificare una propria scelta; ad esempio, un prodotto più costoso ma con molte recensioni positive, può essere preferito rispetto a uno identico, più economico, ma con pochissime recensioni.
  4. Scarsità: riteniamo inconsciamente che meno le cose sono disponibili, più sono preziose; un prodotto dalla bassa disponibilità è quindi considerato più desiderabile (funziona benissimo con i prodotti limited edition, i prodotti esclusivi, ma anche quando sugli e-commerce viene comunicato che le scorte di un prodotto si stanno esaurendo).
  5. Autorità: tendiamo ad attribuire al parere di una persona esperta o autorevole grande importanza, soprattutto quando dobbiamo prendere una decisione importante; le opinioni di esperti del settore o di testimonial autorevoli o influencer rendono un prodotto maggiormente desiderabile.
  6. Gratuità: associare all’acquisto di un prodotto o servizio un omaggio, per persuadere il potenziale cliente a concludere la transazione, oppure offrire uno sconto extra, fa sì che un prodotto venga preferito ad un altro che non garantisce lo stesso ritorno (le cosiddette “One Time Offer” uniscono i bias dell’immediatezza, della scarsità e della gratuità, per questo tendono ad essere così efficaci).

Conclusioni

I Brand che avranno davvero successo all’interno del Messy Middle saranno quelli capaci di basarsi su una strategia che non tiene conto solo delle conversioni, ma che aiuta i clienti a muoversi nel processo di esplorazione e valutazione. Ecco un’altra ragione per cui le strategie di marketing a lungo termine come il Brand Positioning e il Content Marketing giocano un ruolo sempre più cruciale per i Brand.

Ti consiglio di leggere anche questi articoli, per farti un’idea più precisa di come la tua attività può differenziarsi dai competitors e aiutare i tuoi potenziali clienti ad uscire da questo ciclo caotico del Messy Middle:

Un ultimo consiglio: diffida da chi ti propone strategie a breve termine per la tua attività, basate principalmente su grandi campagne ADV (soprattutto Social) senza prima aver definito una strategia a lungo termine. Certamente, ti porteranno nuovi clienti (a fronte di un buon investimento di budget pubblicitario), ma quanti di quei clienti torneranno effettivamente ad acquistare da te se non saprai entrare nella loro mente e nei loro cuori?

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“Il processo di vendita è una sequenza di due momenti. Primo, devi educare te stesso. Poi, devi educare il cliente”.
Tom Hopkins

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